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Farewell Alberto Sughi (2012) - albertosughi.com

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Addio <strong>Alberto</strong> <strong>Sughi</strong><br />

Testi pubblicati in seguito alla s<strong>com</strong>parsa di <strong>Alberto</strong> <strong>Sughi</strong> 31 Marzo <strong>2012</strong><br />

Raccolti dall’Associazione Culturale Archivio <strong>Sughi</strong>


Indice<br />

Cordoglio del Presidente Napolitano per la s<strong>com</strong>parsa di <strong>Alberto</strong> <strong>Sughi</strong><br />

C o m u n i c a t o della Presidenza della Repubblica 3<br />

Massimiliano Mattioli, Un blogger coi capelli bianchi<br />

ArtTribune, Milano, 31 Marzo <strong>2012</strong> 4<br />

Riccardo Lattuada, <strong>Sughi</strong> il mestiere della pittura nell’Italia del dopoguerra.<br />

Il Mattino, Napoli, 1 Aprile <strong>2012</strong>, p. 25 5<br />

Vincenzo Trione, <strong>Alberto</strong> <strong>Sughi</strong> la Terza Via tra Astratto e Realismo<br />

Il Corriere della Sera, Milano, 1 Aprile <strong>2012</strong>, p. 33 6<br />

Luca Beatrice, <strong>Sughi</strong>, ultimo paladino dei pittori figurativi<br />

Il Giornale, Milano, 1 Aprile <strong>2012</strong>, p. 24 7<br />

Danilo Maestosi, <strong>Alberto</strong> <strong>Sughi</strong>, il pittore del realismo esistenziale<br />

Il Messaggero, Roma, 1 Aprile <strong>2012</strong>, p. 18 8<br />

Marco Vallora, <strong>Alberto</strong> <strong>Sughi</strong>, la pittura <strong>com</strong>e critica sociale<br />

La Stampa, Torino, 2 Aprile <strong>2012</strong>, p. 34 9<br />

Francesco Gallo, <strong>Sughi</strong> un sapiente, un visionario<br />

Il Denaro, Napoli, 7 Aprile <strong>2012</strong>, no. 40, pag. 44 10<br />

Le solitudini di <strong>Alberto</strong> <strong>Sughi</strong><br />

Protagonisti, Radio Emilia Romagna, a cura di C. Bacilieri, lettura F. Redeghieri, 24 Aprile <strong>2012</strong> 11<br />

L’intero programma puo’ essere ascoltato nelle stazioni di Radio Emilia Romagna 11<br />

Luca Canali, L’ultimo <strong>com</strong>unista di Portonaccio<br />

L’Unita’, Roma, 4 Maggio <strong>2012</strong>, p. 41 12<br />

Guglielmo Gigliotti, Morte di un realista. S<strong>com</strong>pare <strong>Alberto</strong> <strong>Sughi</strong>. 13<br />

Il Giornale dell’Arte, Torino, 11 Maggio <strong>2012</strong>, edizione Online, edizione a stampa, 01-06-<strong>2012</strong>, pag. 9<br />

13<br />

Ennio Cavalli, <strong>Alberto</strong> <strong>Sughi</strong>, il pittore delle solitudini (14/04/<strong>2012</strong>),<br />

Rai, Radio 1, 14<br />

È morto il pittore <strong>Alberto</strong> <strong>Sughi</strong>, 15<br />

Messaggio della Santa Casa, Loreto, 1 Giugno <strong>2012</strong>, pag. 227 15<br />

2


Cordoglio del Presidente Napolitano per la s<strong>com</strong>parsa di <strong>Alberto</strong> <strong>Sughi</strong><br />

C o m u n i c a t o della Presidenza della Repubblica<br />

Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, appresa con profonda <strong>com</strong>mozione la triste<br />

notizia della s<strong>com</strong>parsa di <strong>Alberto</strong> <strong>Sughi</strong>, ha espresso insieme alla moglie la partecipazione<br />

al dolore della famiglia in un messaggio in cui ricorda i legami di antica, limpida e genuina<br />

amicizia: “Da tempo egli affrontava gravi sofferenze con fermezza e dignità. S<strong>com</strong>pare con<br />

lui un artista tra i più sensibili e operosi dell’Italia repubblicana, che aveva saputo affermare e<br />

sempre coltivare un suo stile peculiare, restandovi fedele pur nell’apertura a nuove tendenze<br />

e suggestioni di ricerca espressiva. <strong>Sughi</strong> è stato anche uomo di costante impegno civile e<br />

democratico, attento al ruolo e alle vicende della politica, coerente con i suoi ideali di progresso”.<br />

Roma, 31 marzo <strong>2012</strong><br />

***<br />

3


Massimiliano Mattioli, Un blogger coi capelli bianchi.<br />

Morto a 84 anni <strong>Alberto</strong> <strong>Sughi</strong>, la Romagna perde un altro grande creativo<br />

ArtTribune, Milano, 31 Marzo <strong>2012</strong><br />

Era certamente un unicum nel panorama artistico, quantomeno italiano. Un vecchio artista –<br />

l’anagrafe non prevede cautele -, che all’approssimarsi agli ottant’anni si destreggiava fra blog,<br />

websites e social network al pari di un quindicenne. Tanto che era riuscito a tener vivo l’interesse<br />

per la sua vena creativa, radicata nel Novecento e in un consapevolissimo real-espressionismo,<br />

affiancandola all’immagine di osservatore disincantato degli sviluppi delle arti, animatore –<br />

rigorosamente online – di profondi e pregnanti dibattiti teorici.<br />

Dissimulava la sua età anagrafica, per certi versi la esorcizzava, <strong>Alberto</strong> <strong>Sughi</strong>, morto oggi a<br />

Bologna a 84 anni. Una nuova grave perdita per la cultura romagnola – era nato a Cesena nel<br />

1928 -, a pochi giorni dalla s<strong>com</strong>parsa di Tonino Guerra. “Un artista tra i più sensibili e operosi<br />

dell’Italia repubblicana, che aveva saputo affermare e sempre coltivare un suo stile peculiare,<br />

restandovi fedele pur nell’apertura a nuove tendenze e suggestioni di ricerca espressiva”, ha<br />

dichiarato – sorprendendo un po’ tutti – il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano,<br />

legato a <strong>Sughi</strong> da antica amicizia. Si era trasferito a Roma nel 1948, dove aveva frequentato<br />

il gruppo artistico del Portonaccio, animato da Renzo Vespignani, che lo influenzerà nelle<br />

successive ricerche legate al realismo a sfondo sociale.<br />

E appunto dal Realismo si era evoluto il suo stile, poi approdato a canoni marcatamente<br />

espressionisti, che lo rappresentarono per una carriera ricca di riconoscimenti ed importanti<br />

mostre, anche di livello internazionale. Nel 1994 <strong>Sughi</strong> fu chiamato a presiedere la Quadriennale<br />

d’Arte di Roma, coronamento di un impegno costantemente teso a valorizzare la figura<br />

dell’artista e il suo ruolo nella società. I funerali si terranno a Ruffio, nel cesenate, martedì 3<br />

aprile alle 15.<br />

Associazione Culturale Archivio <strong>Sughi</strong><br />

www.<strong>albertosughi</strong>.<strong>com</strong><br />

Testi ID 179<br />

***<br />

4


Riccardo Lattuada, <strong>Sughi</strong> il mestiere della pittura nell’Italia del dopoguerra.<br />

Il Mattino, Napoli, 1 Aprile <strong>2012</strong>, p. 25<br />

Si è spento <strong>Alberto</strong> <strong>Sughi</strong>, classe 1928, nato a Cesena, uno dei grandi pittori italiani del<br />

ventesimo secolo. Da tempo <strong>Sughi</strong> non lavorava più, ed è stato bello poter vedere non<br />

tanto tempo fa, alla fine del 2007, una mostra a lui dedicata al Vittoriano di Roma. In quella<br />

occasione definimmo <strong>Sughi</strong> artista <strong>com</strong>pleto, profondo, cupo, colto, non volendo certo passare<br />

per gli scopritori di questi suoi caratteri. Il suo <strong>com</strong>miato ci restituirà a poco a poco il senso<br />

dell’importanza del suo percorso nell’arte italiana del Novecento. Ci riporterà all’asciutta forza<br />

della sua rappresentazione della figura umana, ereditata dal meglio del movimento Novecento.<br />

Ci farà capire più a fondo quanto egli, autodidatta, abbia saputo fare della pittura un mestiere<br />

vero, quotidiano. Il passo più lento che la pittura ha rispetto al cinema ha permesso a <strong>Sughi</strong> di<br />

costruire riflessioni ancor più profonde e sensibili sull’evoluzione del tessuto sociale, sul senso<br />

del vivere nell’Italia dell’ultimo dopoguerra, quella che anche un ex partigiano <strong>com</strong>e lui<br />

aveva contribuito a consegnare alla storia.<br />

Il disagio esistenziale di <strong>Sughi</strong> si è nutrito di Sartre e più ancora del Neorealismo cinematografico<br />

italiano, quello più asciutto e meno incline al grottesco. Negli anni Sessanta la sua pittura<br />

non brilla di colori pop, non cede di un millimetro all’idea che il destino dell’arte non stia<br />

nell’intrattenimento, ma nel porsi domande sul senso della vita in un Paese che stava cambiando<br />

pelle tanto in fretta da bruciare tutti i valori su cui si era fondato per secoli.<br />

Amato e studiato da Antonioni, Scola, Monicelli ed altri, a sua volta <strong>Sughi</strong> guardò al cinema con<br />

costante attenzione. Soprattutto, del cinema italiano, gli doveva sembrare intensa ed efficace la<br />

spietatezza con cui venivano raffigurate le classi dominanti del nuovo, breve boom economico.<br />

Una spietatezza che si nutriva di immagini chiare, crude, di ritratti <strong>com</strong>posti mediante un<br />

eloquio in cui non ritroveremo neanche un grammo della verbosità, del birignao a tratti forse<br />

ironico ma profondamente partecipe con cui un Arbasino raccontava la Roma, l’Italia, anzi il<br />

mondo yeyé di cui era ed è stato sempre parte organica.<br />

Avere gli occhi aperti sulla società italiana, non ha prodotto sulla traiettoria di <strong>Sughi</strong> la spinta<br />

ad essere a tutti i costi «popolare»: da Grosz, a Dix e al realismo tedesco, alle esperienze europee<br />

e americane di tale tendenza, fino al Picasso del Ritorno all’Ordine, al Guttuso e al Vespignani<br />

degli anni migliori - per alcuni periodi anche suoi <strong>com</strong>pagni di strada - <strong>Alberto</strong> <strong>Sughi</strong> ha<br />

mantenuto costantemente un’idea alta della pittura e dei suoi <strong>com</strong>piti, che a prescindere dai<br />

suoi contenuti sociali lo inserisce, per istinto e per cultura, tra i grandi maestri europei del XX<br />

secolo.<br />

Il dramma piccolo borghese di alcune sue opere riconduce, per il senso acidulo e sprezzato<br />

del colore, a certe immagini claustrofobiche di un Bacon. La sintetica ma inarrivabile abilità di<br />

cogliere in un interno il ruolo portante degli oggetti che ne definiscono l’atmosfera, si colloca<br />

nella scia della grande tradizione italiana del Cinquecento.<br />

Il tempo ci mostrerà <strong>com</strong>e questa traiettoria, così italiana dal punto di vista linguistico e<br />

formale, abbia poi saputo assumere un respiro culturale e artistico ampio e internazionale. Alla<br />

diffusione della notorietà di <strong>Sughi</strong> non hanno contribuito la sua natura schiva, il suo lavoro<br />

silente e meditato. Non è un caso che il Presidente Napolitano, che sappiamo essere attento<br />

conoscitore del percorso di <strong>Sughi</strong>, ne abbia voluto immediatamente ricordare il «costante<br />

impegno civile e democratico, attento al ruolo e alle vicende della politica, coerente con i suoi<br />

ideali di progresso».<br />

Associazione Culturale Archivio <strong>Sughi</strong><br />

www.<strong>albertosughi</strong>.<strong>com</strong><br />

Testi ID 176<br />

***<br />

5


Vincenzo Trione, <strong>Alberto</strong> <strong>Sughi</strong> la Terza Via tra Astratto e Realismo<br />

La s<strong>com</strong>parsa del pittore solitario per vocazione che ritraeva i vinti<br />

Il Corriere della Sera, Milano, 1 Aprile <strong>2012</strong>, p. 33<br />

Per ricordare <strong>Alberto</strong> <strong>Sughi</strong> —morto ieri all’età di ottantatré anni — potremmo richiamarci a<br />

una sua confessione privata, che ha anche il valore di una dichiarazione di poetica: «Ho scelto<br />

di correre da solo». Ecco chi è stato <strong>Sughi</strong>: un isolato. Per necessità, con ostinazione.<br />

Nato a Cesena, formatosi nella Torino del dopoguerra, maturato nella Roma del neorealismo.<br />

Da subito, egli decide di non aderire all’avanguardia.<br />

Non si riconosce nelle decostruzioni cubiste e nelle evocazioni astrattiste. Ma non si adegua<br />

neanche alle opzioni ideologiche di Guttuso e Vespignani.<br />

Sin dagli esordi, è affascinato dal bisogno di trovare una terza strada. L’arte, per lui, non è<br />

esercizio autoreferenziale, e non è neppure strategia per trasmettere contenuti politici. Ma è<br />

pratica morale. Racconto di mondi silenti. Testimonianza appassionata di chi vive ai margini.<br />

Adesione alla cronaca, colta soprattutto nella sua drammaticità. Dense di richiami a Goya e a<br />

Courbet, a Daumier e a Bacon, a Hopper e a Freud, le sue opere sembrano <strong>com</strong>porre i capitoli<br />

di un romanzo esistenzialista. Si offrono <strong>com</strong>e narrazioni struggenti, specchio di un disarmato<br />

verismo, non privo di abbandoni espressionisti. Ci consegnano scorci quotidiani, volti afflitti.<br />

Se proviamo ad accostare i cicli di <strong>Alberto</strong> <strong>Sughi</strong>, abbiamo la sensazione di trovarci di fronte ai<br />

fotogrammi di un film girato da De Sica, Rossellini o Pasolini. In sequenza, ritratti di vinti, che<br />

racchiudono un’umanità disperata. Gesti e situazioni <strong>com</strong>uni. Talvolta, momenti definitivi (in<br />

uno dei suoi quadri più intensi, «La morte del padre»). Protagonista assoluto, l’individuo.<br />

Per metterne in scena afflizioni e tormenti, <strong>Sughi</strong> elabora una sintassi «umida, organica», che,<br />

<strong>com</strong>e ricordò Leonardo Sinisgalli, rivela molte assonanze con quella di Moravia: «malconcia,<br />

frettolosa, volutamente sciatta», distante da ogni immediata piacevolezza, sorretta da una<br />

«attrazione morbosa per la parte scaduta dell’uomo».<br />

Che significa essere realisti? Non limitarsi a documentare, amava rispondere <strong>Sughi</strong>. Ma «dare<br />

un contributo a capire la realtà di oggi».<br />

Associazione Culturale Archivio <strong>Sughi</strong><br />

www.<strong>albertosughi</strong>.<strong>com</strong><br />

Testi ID 173<br />

***<br />

6


Luca Beatrice, <strong>Sughi</strong>, ultimo paladino dei pittori figurativi<br />

Dopo Tonino Guerra, s<strong>com</strong>pare un grande interprete del surrealismo padano<br />

Il Giornale, Milano, 1 Aprile <strong>2012</strong>, p. 24<br />

Era l’ultimo baluardo della pittura figurativa, in un’epoca in cui dipingere figure significava<br />

andare ostinatamente controcorrente, incurante dell’astrazione informale e delle nuove<br />

tendenze minimaliste.<br />

<strong>Alberto</strong> <strong>Sughi</strong> è morto ieri a Rimini all’età di 84 anni, pochi giorni dopolas<strong>com</strong>parsa del poetapittoreTonino<br />

Guerra, altro grande interprete di quel surrealismo padano che, secondo la felice<br />

definizione di Vittorio Sgarbi, lambisce tutto il corso del Po fino alle sponde dell’Adriatico e si<br />

caratterizza per un’attenzione analitica ad atmosfere sospese nel tempo, fangose e terragne, che<br />

pescano dalla Metafisica di de Chirico per arrivare al Realismo esi-stenziale di Bontempelli.<br />

Nato a Cesena nel 1928, <strong>Sughi</strong> esordisce negli anni cinquanta, superando nella sua poetica<br />

la matrice realista picassiana e guardando, invece, nella direzione britannica di Bacon e<br />

Sutherland. Un’idea di figurazione decisamente più lacerata e intima, in cui l’uomo è al centro<br />

della riflessione, colto nel pieno della solitudine tanto da far pensare anche alle atmosfere<br />

dell’americano Edward Hopper.<br />

Particolarmente intense sono le scene d’interno dove una coppia recita la <strong>com</strong>media<br />

dell’in<strong>com</strong>prensione. Quindi i bar, i tavoli da biliardo, il gioco e l’azzardo. Insieme a Marcello<br />

Muccini e Renzo Vespignani forma a Roma il gruppo del Portonaccio, una sorta di resistenza<br />

armata di pennelli e tele ai linguaggi più contemporanei e astrusi.<br />

Nel dibattito, anche aspro, tra astratti e figurativi, si schierava sempre dalla parte di questi<br />

ultimi. Sosteneva però un’idea di pittura anti eroica e antiretorica, tipica dell’artista di provincia<br />

colto, raffinato ma sostanzialmente isolato.<br />

Famosi trai suoi cicli le Pitture verdi, incentrati sul rapporto con la natura (1971-73), quindi<br />

La cena ( 1975-76), più tardivi la Sera o della Riflessione(1985) e Notturno (2000) dove <strong>Sughi</strong> si<br />

avvicina al tema dell’ultima età della vita, caro anche a Guttuso.<br />

Ha partecipato anumerose e importanti mostre nei principali museiitaliani (Bologna, Roma,<br />

Ferrara, Parma) e stranieri (Mosca, Budapest, San Paolo). Nel 1994 ha ricoperto la carica di<br />

Presidente della Quadriennale di Roma e, la scorsa estate, è stato invitato da Sgarbi al Padiglione<br />

Italia alla Biennale.<br />

Tra i molti ad aver espresso un sentito cordoglio perla sua s<strong>com</strong>parsa, spicca il ricordo del<br />

presidente Napolitano che era legato al pittore da profonda amicizia.<br />

Associazione Culturale Archivio <strong>Sughi</strong><br />

www.<strong>albertosughi</strong>.<strong>com</strong><br />

Testi ID 174<br />

***<br />

7


Danilo Maestosi, <strong>Alberto</strong> <strong>Sughi</strong>, il pittore del realismo esistenziale.<br />

Il Messaggero, Roma, 1 Aprile <strong>2012</strong>, p. 18<br />

A 83 anni <strong>Alberto</strong> <strong>Sughi</strong> si è arreso alla malattia che da tempo gli stava togliendo ogni energia,<br />

logorando con dolori insopportabili «il piacere e la fortuna» di continuare a praticare quello<br />

che giudicava il «più bel mestiere del mondo»: la pittura. La morte lo ha stroncato in Romagna,<br />

la terra in cui era nato e nel quale si era rifugiato negli ultimi mesi e con lui l’Italia perde<br />

uno dei più importanti interpreti della tradizione figurativa, <strong>com</strong>e ha ricordato il presidente<br />

Giorgio Napolitano nel messaggio alla famiglia. Tradizione nella quale aveva innestato il suo<br />

modo lucido, intenso, a volte amaro, di interpretare la tragedia e la <strong>com</strong>media della condizione<br />

umana, e di trascriverne tensioni, cadute, tentativi di fughe, conflitti in una sorta di ininterrotto<br />

diario di lavoro che si sgrana per cicli nel corso della sua lunga carriera, registrando con<br />

impietosa ironia tutti gli smottamenti della società italiana.<br />

<strong>Alberto</strong> <strong>Sughi</strong> nasce a Cesena il 5 ottobre 1928 e si avvia giovanissimo sulla strada della pittura,<br />

da autodidatta, incoraggiato dalla madre e stimolato dallo zio che praticava con discreti risultati<br />

l’arte del pennello. Ma la maturazione avviene nell’immediato dopoguerra a Roma dove si<br />

trasferisce nel 1948 e dove, tranne qualche breve intervallo, continua a vivere, «ri<strong>com</strong>pensato<br />

da una città- spiegava- che mi restituisce ad ogni passo, ad ogni angolo il senso della Storia. E<br />

mi obbliga a interrogarmi sulla mia identità».<br />

Già, viveva di continue domande <strong>Sughi</strong>, senza mai trovare risposte definitive su di sé e sul<br />

mondo, distillando sulle proprie tele la ricerca di quello che nel 1956 il critico Enrico Crispolti<br />

aveva definito il «suo realismo esistenziale». A Roma si era subito segnalato per il suo<br />

straordinario talento per il disegno, trovando preziosa sponda nell’amicizia di Renzo Vespignani.<br />

Coinvolto nella disputa tra astrattisti e realisti aveva scelto di muoversi nel solco dell’arte di<br />

figura, dandone però una lettura <strong>com</strong>pletamente diversa da quella, tutta immanente, di Renato<br />

Guttuso. Al centro della sua ispirazione non la lotta di classe, per la quale ha <strong>com</strong>unque profuso<br />

il suo impegno ma l’enigma dell’uomo. Come molti della sua generazione subì alla fine degli<br />

anni cinquanta il contagioso influsso di Bacon ma senza lasciarsi contagiare dal suo cinismo e<br />

dalla sua disperazione. E senza tradire il legame forte con la schietta semplicità della sua terra<br />

e della sua famiglia, alla quale avrebbe dedicato negli anni Ottanta uno dei suoi cicli più belli.<br />

Indimenticabili le tele in cui rende omaggio alla figura del padre: il volto e il corpo di un uomo<br />

stanco, che fissa il vuoto, le gambe immerse in una bacinella.<br />

<strong>Alberto</strong> <strong>Sughi</strong> lavorava approfondendo per lunghe fasi lo stesso tema: la solitudine urbana<br />

negli anni Sessanta, il rapporto con il verde e la Natura negli anni Settanta, le profetiche desolate<br />

profezie sul degrado della società italiana sviluppata in un’agghiacciante allegoria teatrale, e poi<br />

negli anni Ottante e Novanta la desolazione del perdere valori e anima, in un Notturno senza<br />

certezze, o l’interrogarsi sul proprio destino sulla scia di una domanda di Gauguin: «Dove<br />

andiamo?». Nel 1994 gli fu offerta la guida della Quadriennale in piena crisi. Resse pochi mesi:<br />

volava troppo alto, era troppo limpido per navigare tra quelle squallide beghe.<br />

Associazione Culturale Archivio <strong>Sughi</strong><br />

www.<strong>albertosughi</strong>.<strong>com</strong><br />

Testi ID 175<br />

***<br />

8


Marco Vallora, <strong>Alberto</strong> <strong>Sughi</strong>, la pittura <strong>com</strong>e critica sociale.<br />

La Stampa, Torino, 2 Aprile <strong>2012</strong>, p. 34<br />

Speriamo non sia blasfemo, e lui probabilmente avrebbe sanguignamente convenuto, osservare<br />

che talvolta i nomi dei pittori hanno un loro casalingo sapore nomen omen . Profetico,<br />

riassuntivo, allusivo. <strong>Alberto</strong> <strong>Sughi</strong>, che è s<strong>com</strong>parso ottantaquattrenne nella sua elettiva città<br />

di professione, Roma (faceva parte infatti della cosiddetta Scuola di Portonaccio, insieme a<br />

Muccini e a Vespigani) portava nella sua pesta ed accesa pittura di costume, qualcosa che ha<br />

visceralmente a che fare con i sughi grassi e sarcastici della sua Romagna.<br />

Osiamo, senz’alcuna volontà denigratoria: paonazze e sulfuree lasagne di sapiente pittura,<br />

torrentizia e visionaria, espressionisticamente all’italiana (ma senza dimenticare Dix, Grosz,<br />

Varlin e Soutine). Schegge impazzite di affettata critica sociale.<br />

Uno dei suoi ultimi cicli di sarcastica protesta politico-sociale (grande amico di Trombadori e<br />

di Amendola, suoi esegeti, insieme al romanziere Giorgio Bassani e del Presidente Napolitano,<br />

che lo piange quale <strong>com</strong>pagno d’azione essendo stato anche consigliere <strong>com</strong>unale e cantore del<br />

realismo socialista, in alternativa a Guttuso) si intitola appunto La cena . Con tutti i significati<br />

allegorici e brechtiani, connessi alla bulimia aggressiva del boom consumistico anni Cinquanta-<br />

Sessanta: la Seicento, la vacanza al mare, i salotti romani.<br />

Ettore Scola lo aveva scelto <strong>com</strong>e affichista della sua Terrazza, Monicelli <strong>com</strong>e «consulente»<br />

cromatico per Un borghese piccolo piccolo . Pittura avvelenata di miasmi sociali, di falò<br />

incandescenti e sulfurei, <strong>com</strong>e quelli delle generose puttane, felliniane e ziveriane, posate a<br />

macchia di leopardo, nelle desolate stradone assolate della sua Riviera, anche se Roma lo aveva<br />

poi assorbito, con i suoi rannuvolati fumi ferroviari (memorabile il quadro dell’ Uomo con<br />

valigia, smarrito nella giunga della distratta metropoli, senza più alcuna memoria classica).<br />

Illustratore per la Gazzetta del Popolo <strong>Sughi</strong> non ha mai rinnegato questa «necessità» illustrativa,<br />

salvandosi dal kitsch con il suo fumigante gioco di sinopia, sfibbrata al carboncino.<br />

Associazione Culturale Archivio <strong>Sughi</strong><br />

www.<strong>albertosughi</strong>.<strong>com</strong><br />

Testi ID 177<br />

***<br />

9


Francesco Gallo, <strong>Sughi</strong> un sapiente, un visionario.<br />

Il Denaro, Napoli, 7 Aprile <strong>2012</strong>, no. 40, pag. 44<br />

Con la s<strong>com</strong>parsa di <strong>Alberto</strong> <strong>Sughi</strong> il cerchio del novecento si è ulteriormente ristretto diventando<br />

sempre più storia, racconto, memoria, che rapporta l’ordine delle cose, fatto di biografie, di<br />

opere, di movimenti, di linguaggi, ad una sistemazione del tutto imprevedibile, appena dieci<br />

o dodici anni fa, quando ancora, tutto, sapeva di fresco, di attualità, di accadimento, forse per<br />

quel numero nove che richiamava immediatamente il mille, che ora non c’è più e si allontana<br />

ineluttabilmente.<br />

Un uomo intelligente, sapiente in senso alto, con una conoscenza verticale, profonda, orizzontale,<br />

estesa, capace di <strong>com</strong>prendere, valutare, scegliere, <strong>com</strong>e oggi accade sempre più di rado, in un<br />

mondo in cui l’indecisione, l’imprecisione, la confusione, sta diventando sovrana, accartocciata<br />

si forme dell’apparire, sempre più vacue e sfuggenti, mentre ogni “metafisica” dell’essere, si<br />

avvolge sempre più in una spettacolarizzazione, che non permette, anche volendolo, di potersi<br />

presentare, <strong>com</strong>e grande spiriti anti. Io l’ho conosciuto una decina di anni fa, a Forlì, nella terra<br />

dove non ha mai cessato di essere un re, anche dopo il suo abbandono, mai totale, per la verità,<br />

per il suo esilio dorato, romano, che gli ha dato tanto successo e tanto riconoscimento, ma mai<br />

quella consacrazione, che era nel suo credo più profondo.<br />

I suoi racconti su De Chirico, su Savinio, su Guttuso, erano sempre sapidi e pieni di rivelazioni<br />

pulsanti, delucidanti, mai imperniati sul pettegolezzo in omaggio ad un suo alto senso della<br />

vita, dei suoi mille fili, che vanno dalla fisica dei corpi e dei sensi, in amore, alla simbolicità,<br />

delle immagini e delle parole, che nei suoi quadri sono fatte intuire più che vedere, che è poi<br />

il coinvolgimento della sua pittura, fatta di silenzi, di sguardi, di atmosfere, in una grande<br />

sospensione, onirica, fantasiosa.<br />

L’ultimo incontro significativo, è stato di quattro anni fa, a Palermo, in occasione di una sua<br />

grande mostra antologica, che lo ha visto, più attento che mai, alle regole del saper vedere,<br />

che ad ogni occasione detta le corrispondenze architetturali degli spazi, che chiedono una<br />

dialettica di pieni e di vuoti, capace di indirizzare la visibilità, sulle linee dell’imprevedibile,<br />

della sorpresa, sempre nuovo e sorprendente.<br />

Si leggeva, nei suoi occhi e nel suo sguardo, una grande fierezza, venata da una sottile<br />

malinconia per il tempo perduto, per le in<strong>com</strong>benti ombre della sera, che ora s’è fatta notte,<br />

eppure sempre attento alla battuta, anche alla posa fotografica, <strong>com</strong>e un personaggio delle sue<br />

pitture, dove l’eros era sempre schiacciato dagli stereotipi e dei luoghi <strong>com</strong>uni. Ma, senza mai<br />

l’impressione di volerla dare per vinta, consapevole della durezza della strada del successo e<br />

della irriducibilità, del suo codice, alle atmosfere, alle luci, alle aspirazioni di un’anacronista,<br />

quale lui amava superbamente, di voler essere.<br />

Resta, nel suo mondo poetico, una velatura della sua visione del mondo, una interpretazione<br />

del tramonto di una certa borghesia provinciale, tutta impregnata di perbenismo, che a lui<br />

stava tanto sullo stomaco, tanto da non lasciarla respirare, nel suo inseguimento, quadro dopo<br />

quadro, caffè dopo caffè, in un romanzo d’immagini, dal finale aperto, senza moralismi, <strong>com</strong>e<br />

si addice ad un espressionismo, che si guarda dentro, prima di guardare fuori, che rispecchia<br />

se stesso prima di fulminare gli altri.<br />

Una bella lezione di pittura, senza dubbio, tutta scoperta, ma tutta da scoprire e non importa,<br />

se alcune intemperanze del suo ultimo scorcio di vita, tendevano a lasciarlo freddo, ironico o<br />

<strong>com</strong>inciavano a sfuggirgli le grida troppo teatrali e senza emozione e senza dolore (e infatti non<br />

dipingeva mai giovani, ma sempre gente di una certa età, vestita di moda retrò).<br />

La sua forza, appare intatta, ancora oggi, così <strong>com</strong>e la sua verità, senza voltarsi mai indietro,<br />

con un presente lucido, consapevole della storia, mai incatenato ad essa, guardando avanti,<br />

senza pensare di potere svolgere tutte le parti della <strong>com</strong>media del mondo, ma stando bene<br />

attento ad interpretare, la sua, fino in fondo.<br />

Associazione Culturale Archivio <strong>Sughi</strong><br />

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Testi ID 178<br />

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Le solitudini di <strong>Alberto</strong> <strong>Sughi</strong><br />

Un ricordo del grande artista cesenate morto il mese scorso<br />

Protagonisti, Radio Emilia Romagna, a cura di C. Bacilieri, lettura F. Redeghieri, 24 Aprile <strong>2012</strong><br />

Dedichiamo questa puntata, cari ascoltatori, al cesenate <strong>Alberto</strong> <strong>Sughi</strong>, uno degli interpreti più<br />

lucidi e acuti dell’Italia del nostro tempo, deceduto poche settimane fa a 83 anni, in una clinica<br />

privata di Bologna. Dopo Tonino Guerra, la Romagna ha perso dunque un altro grande artista.<br />

<strong>Sughi</strong> era tornato a vivere nella sua Cesena dopo i lunghi anni trascorsi a Roma, dove negli anni<br />

Cinquanta prese corpo la sua inclinazione artistica. Erano gli anni della contrapposizione tra<br />

astratti e figurativi: <strong>Sughi</strong> si collocò tra questi ultimi; per lui fu coniata l’espressione di “realismo<br />

esistenziale”, perché le sue opere richiamano con fermezza il lato etico di ogni ricerca estetica.<br />

Infatti, il pittore cesenate non vedeva l’arte <strong>com</strong>e qualcosa di separato dalla vita quotidiana, ma<br />

al contrario – sono sue parole – “<strong>com</strong>e uno strumento per conoscere la realtà”.<br />

In un intervento del 1960, <strong>Sughi</strong> scriveva: “I giornali, la radio, i manifesti, il cinema, la televisione,<br />

i sensi vietati e i sottopassaggi tengono costretti gli uomini nel labirinto della grande città. Ma<br />

ho l’impressione che dietro ci sia qualcuno che ride, che non rispetta le regole; che mangia, beve<br />

e fuma in solitudine con una faccia nutrita di soddisfazione; qualcuno con piccoli occhi bianchi,<br />

che di notte passeggia nella città deserta padrone di tutto, con le mani in tasca, soddisfatto di<br />

<strong>com</strong>e vanno le cose … E ho paura che esista perché, a ben vedere, anch’io lo lascio esistere.<br />

Temo, infatti, che quell’uomo abbia qualche radice fin dentro di me; che anche lui sia un po’<br />

lo specchio che riflette la mia immagine. Si può dipingere tutto questo? Forse sì, si può anche<br />

dipingere”. Realismo esistenziale, conclude <strong>Sughi</strong>, significa che “Non si doveva guardare solo<br />

fuori di noi, ma anche dentro noi stessi. Non è facile individuare dove può crescere il male:<br />

sembra sempre prodotto solo dagli altri. Alle volte gli ‘altri’ siamo noi”.<br />

Nel 2007 la sua Cesena gli ha dedicato una grande mostra antologica alla Biblioteca Malatestiana.<br />

I critici hanno accostato <strong>Sughi</strong> ai pittori della “scena americana” <strong>com</strong>e Hopper per l’accento<br />

posto sulla desolazione degli spazi urbani; per la solitudine, l’alienazione, la vacuità dei contatti<br />

che rendono la sua arte “una pittura di situazioni umane”. Ma molti altri sono i riferimenti di<br />

questo pittore che va considerato tra i massimi dell’arte italiana contemporanea.<br />

“In <strong>Sughi</strong> agisce potentemente la memoria di Goya – scrive Vittorio Sgarbi - la Donna sul<br />

divano rosso del 1959 si consuma nell’inferno della sua esistenza quotidiana. Non ha scampo.<br />

Come il pugile nell’angolo del ring con lo sguardo desolato sul volto disfatto”. E ancora, <strong>Sughi</strong><br />

ha assimilato la lezione di Francis Bacon nei quadri degli anni Sessanta. “Ma è alla metà degli<br />

anni Settanta che <strong>Sughi</strong> riabilita un realismo narrativo di forte impatto teatrale – scrive ancora<br />

Sgarbi nella presentazione della sua antologica cesenate - è nel ciclo La cena, esempio pressoché<br />

unico in Italia di pittura sociale sui modelli della tradizione tedesca di Dix e di Grosz. Difficile<br />

concepire pittura più contemporanea, pronta a confrontarsi con le esperienze paradossali del<br />

cinema coevo, dal tardo Buñuel di Fantasma della libertà e del Fascino discreto della borghesia<br />

al Bertolucci del Conformista”.<br />

Infine, un accenno ai suoi ultimi lavori: “Nei suoi notturni, uomini e donne, quasi statue di gesso<br />

o di cera, saranno per sempre fantasmi. Ci sarà sempre un Bar del crocevia dove una donna<br />

sola attende a un tavolo e un uomo solo con le valigie si avvia a partire per una destinazione<br />

ignota. E’ il mondo di <strong>Sughi</strong>: uomini e donne che non sanno per quale ragione vivere. E che,<br />

<strong>com</strong>unque, esistono. La loro solitudine è la stessa del pittore. Ed è anche la nostra”.<br />

L’intero programma puo’ essere ascoltato nelle stazioni di Radio Emilia Romagna (mp3/audio file)<br />

http://www.radioemiliaromagna.it/protagonisti/solitudini_alberto_sughi.aspx<br />

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Testi ID 181<br />

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Luca Canali, L’ultimo <strong>com</strong>unista di Portonaccio<br />

E’ s<strong>com</strong>parso di recente l’artista <strong>Alberto</strong> <strong>Sughi</strong> che a lungo milito’ nel PCI<br />

L’Unita’, Roma, 4 Maggio <strong>2012</strong>, p. 41<br />

E’ s<strong>com</strong>parso da poche settimane all’età di 82 anni <strong>Alberto</strong> <strong>Sughi</strong>, l’ultimo pittore<br />

drammaticamente realista e <strong>com</strong>unista del gruppo di «Portonaccio », rione di gazometri e di<br />

mucchi di ferraglie, grigio o nerastro, pervaso da umori generosamente ribelli degli assidui<br />

frequentatori della Sezione Centro del Pci, da me diretta.<br />

Il capo indiscusso di quel gruppo era Renzo Vespignani, insuperabile disegnatore a sbaffi<br />

e impronte digitali d’inchiostro di china, perché Renzo all’inizio lavorava soprattutto con il<br />

palmo della mano. Suo fraterno amico e rivale nella leadership del gruppo di cui facevano<br />

parte: <strong>Sughi</strong> appunto, Zianna, Pinata, Buratti, Lucio Fulci, allievo del centro sperimentale di<br />

cinematografia, il fonico Pallotta, e l’insuperabile regista Elio Petri. Ultimo adepto, il giovane<br />

ma già abile Giovanni Cucchi.<br />

Vespignani sfondò subito coi suoi spesso drammatici disegni di copertina sulla rivista spericolata<br />

Folla, ma conquistò definitivamente anche la più raffinata mondanità con la sua prima mostra<br />

all’Obelisco in via Sistina, gestita da Gaspero Del Corso e Irene Brin. Vespignani non aveva un<br />

abito decente per l’occasione. Io ne avevo uno solo, un gessato blu. Glielo diedi per l’occasione<br />

a patto che lo indossasse con il distintivo del Pci all’occhiello. Accettò con naturalezza, e fu un<br />

trionfo in mezzo a tutti quei ricchi borghesi in venerazione davanti ai suoi quadri.<br />

Fu lì che nacque la «leggenda Vespignani». Muccini, il massimo disegnatore di quei giorni, se<br />

ne fregava delle leggende. <strong>Alberto</strong> <strong>Sughi</strong> amava lavorare in solitudine, era un tipo appartato<br />

per natura. Esordì con una splendida mostra in una galleria accanto al bar Canova, in piazza<br />

del Popolo: il tema di essa era ferocemente iperrealista, incentrato su una riunione della Borsa.<br />

Ma dipingeva anche scene di straordinaria delicatezze, <strong>com</strong>e quella di un disegno per illustrare<br />

una mia poesia intitolata Commiato. Poi si sciolsero le fila, ma non la fedeltà al Partito e alla<br />

buona pittura. Ma <strong>Alberto</strong> aveva un vizio, fumava troppo, vizio che l’ha ucciso.<br />

ELEGIE DELLA VECCHIAIA Quando era già gravemente ammalato volle donarmi due<br />

bozzetti - uno per la copertina, l’altro <strong>com</strong>e illustrazione interna per la mia traduzione di un<br />

tardo-classico latino, Massimiano, Le elegie della vecchiaia. Poi l’aggravarsi ulteriore del male e<br />

il volo verso il nulla. Credo che il modo migliore per congedarmi da lui sia pubblicare quei due<br />

bozzetti, quasi certamente, ultimissime testimonianze della sua arte.<br />

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Testi ID 183<br />

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Guglielmo Gigliotti, Morte di un realista. S<strong>com</strong>pare <strong>Alberto</strong> <strong>Sughi</strong>.<br />

Era l’Hopper Italiano.<br />

Il Giornale dell’Arte, Torino, 11 Maggio <strong>2012</strong>, edizione Online, edizione a stampa, 01-06-<strong>2012</strong>, pag. 9<br />

Bologna. Il 31 marzo è morto <strong>Alberto</strong> <strong>Sughi</strong>, uno dei maggiori rappresentanti della pittura<br />

realista italiana della seconda metà del ‘900.<br />

Era nato a Cesena nel 1928, e ventenne si era recato a Roma, dove fonda con Renzo Vespignani<br />

il Gruppo di Portonaccio, dal nome di un quartiere periferico e popolare della città.<br />

La sensibilità per il sociale rimarrà una costante della su arte, anche se impregnata di attenzione<br />

per la dimensione intima, solitaria e talvolta malinconica dei protagonisti delle sue scene<br />

pittoriche, aventi spesso <strong>com</strong>e sfondo locali notturni, cene in società, camere da letto o giardini.<br />

Il suo realismo antieroico ed esistenziale diverrà una delle bandiere dell’agguerrito partito dei<br />

figurativi nell’aspra contesa degli anni Cinquanta con gli astratti.<br />

Celebri i suoi cicli delle «Pitture verdi» (1971-73), de «La cena» (1975-76), di «Immaginazione e<br />

vita di famiglia» (primi anni ’80), de «La sera o della riflessione» e «Notturno» (entrambi anni<br />

’90). Li aveva esposti a Biennali di Venezia e Quadriennali di Roma, oltre che in importanti<br />

antologiche ospitate alla Gam di Bologna nel ‘77, al Museo di Castel Sant’Angelo a Roma e alla<br />

Galleria Nazionale di Praga nel 1986, al Museo d’Arte di San Paolo nel ‘94 e al Museo Civico di<br />

San Sepolcro nel 2003.<br />

Nel 1994 è stato anche Presidente dell’Ente Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma.<br />

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Testi ID 184<br />

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Ennio Cavalli, <strong>Alberto</strong> <strong>Sughi</strong>, il pittore delle solitudini (14/04/<strong>2012</strong>),<br />

Rai Radio 1<br />

con stralci di interviste in occasione della mostra antologica di <strong>Alberto</strong> <strong>Sughi</strong> alla Biblioteca Malatestiana,<br />

Cesena, e con <strong>Sughi</strong> e Zavoli in seguito al caso Wada, il pittore Giapponese accusato di aver plagiato<br />

numerosi lavori di <strong>Alberto</strong> <strong>Sughi</strong>, Roma, 2007<br />

L’intera puntata puo’ essere ascoltata nelle stazioni radiofoniche R.A.I.<br />

http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-329e7e77-415c-4cae-ac25-<br />

6b039cefb071-radio1.html#<br />

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Testi ID 182<br />

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È morto il pittore <strong>Alberto</strong> <strong>Sughi</strong>,<br />

autore di una Virgo Lauretana<br />

Messaggio della Santa Casa, Loreto, 1 Giugno <strong>2012</strong>, pag. 227<br />

Il 31 marzo è morto a Bologna, il famoso pittore <strong>Alberto</strong> <strong>Sughi</strong>, che era nato a Cesena 83 anni<br />

fa. Confessò un giorno: «Ho scelto di correre da solo», dimostrando l’intenzione di trovare<br />

una terza via, tra l’astratto e il realismo, che potesse consentirgli un’espressione autonoma,<br />

attenta ai fatti sociali, soprattutto drammatici. Essere realisti per lui significava non limitarsi a<br />

documentare, ma dare un contributo per capire la realtà di oggi. Il <strong>Sughi</strong> è stato personaggio<br />

dì spicco nel panorama dell’arte italiana dell’ultimo mezzo secolo. Qui lo ricordiamo perché<br />

nel 1995 partecipò alla mostra degli «Artisti contemporanei per il VII Centenario Lauretano<br />

», lasciando nel Museo-Antico Tesoro un pregevole dipinto, intitolato Virgo Lauretana.<br />

L’immagine della Madonna, costruita con calligrafica evidenza, assorta in un muto e intenso<br />

colloquio con il Bambino che a lei si protende, ripropone preziosità bizantine «attraverso filtri<br />

fauves». Legittima il titolo Lauretana il nitido profilo delle absidi della basilica con la cupola,<br />

delineate su un fondo di segno astratto. Una cromia rosseggiante involve figure umane e<br />

architetture, quasi omologandole.<br />

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Testi ID 184<br />

<strong>Alberto</strong> <strong>Sughi</strong>, Virgo laurentana, Olio su tela,<br />

90x90cm, 1995<br />

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Settembre <strong>2012</strong>

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